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De Morbo Influentiorum – Il morbo dei wine-influencers

Influencers,
una lobby in crescita, autoalimenta e che mira a dare un’immagine fresca del vino, mentre assistiamo alla graduale distruzione della realtà e dell’estetica del mondo enologico.
Il vino sta attraversando una fase nuova. Con entusiasmo e determinazione molte persone si avvicinano a quello che sembra essere il business della bella vita, il successo (social) che un bicchiere in mano o una bottiglia (rigorosamente tappata) può far raggiungere.

Il lato positivo è il graduale rinnovo generazionale del settore: giovani produttori, agronomi, enologi, cantinieri, commerciali, sommelier e comunicatori, sì, comunicatori.
Ecco che allora il raggio cresce. In fondo, cosa ci vuole ad aprire un blog o una pagina di Instagram e iniziare a raccontare quella che è la nostra grande passione? (spoiler: tenete bene a mente la passione).

Assistiamo alla migrazione di persone casuali, magari con un corso di degustazione fatto dal vicino di casa che se ne intende, verso il magico e glitterato mondo del vino. Chiaramente, i professionisti non dovrebbero aver minimamente paura di queste nuove leve. Se un fine sommelier o un navigato giornalista si facesse superare da persone del genere, si dovrebbe porre qualche domanda. In teoria.

Preoccupa, però, la facilità con cui alcune persone abbiano iniziato a darsi importanza e valore. Preoccupa anche come le aziende, essendo sempre in cerca di visibilità, si prostrino ai piedi di bloggerini e presunti influencers. Presunti perché, dati alla mano, queste persone spostano meno del nulla all’interno del mercato nascondendosi dietro a numeri gonfiati e immotivati.

L’influencer è spesso un palliativo per i responsabili comunicazione delle aziende che invitandoli ad eventi o degustazioni sperano di avere un risultato immediato e tangibile ma che alla fine risulta flebile e vano. L’influencer non è la soluzione al problema, è come la toppa che il sarto mette al buco dei pantaloni.

Masse di hobbisti, di persone che fanno tutt’altro lavoro sfiorano con il loro profilo social il fatato mondo enoico sentendosi così migliori e legittimati a dare un’opinione su tutto.
C’è che mi mette la propria faccia accanto alle bottiglie più blasonate, altri parlano di Champagne come se fosse il loro vino quotidiano ma i followers potranno notare che i tappi e capsule sono inequivocabilmente integri.
Bottiglie, bottiglie chiuse ovunque, solo etichette da mostrare. 

La vanità è così radicata nel cuore dell’uomo, che ciascuno di noi vuole essere ammirato, perfino io che scrivo queste parole, e voi che le leggete.

La frase di Blaise Pascal è emblematica, ma attualizzandola, al posto di “parole” il filosofo e matematico francese probabilmente avrebbe scritto “post” o “stories”.

Il più delle volte i profili di Instagram sono dei veri e propri ritratti di Dorian Gray al contrario. Il profilo social propone un’immagine ovattata, fantastica, dinamica e di successo. La persona, invece, è esattamente quello che è: comune, senza preparazione, ma abile ad hackerare un sistema molto debole come quello dei social media e, come un pifferaio magico, trascina orde di persone alla ricerca di una visibilità fatta di luce riflessa.

Tutti si nascondono dietro al dito, dicendo che lo fanno prima di tutto per passione.
Ma dove è il rispetto per quelle persone che fanno del vino un lavoro, che lo vivono nella loro quotidianità con fatica e, appunto, passione? Sì, quella passione che spesso è più dolore che gioia.

Ci sarebbero altre mille questioni da trattare scendendo nel merito dei numeri: dirette Instagram fantasma, profili di aziende che scoppiano di like dopo la firma su un contratto, profili nuovi che con quattro foto raggiungono migliaia di seguaci. Insomma ci sarà modo di approfondire. E noi lo faremo.




Ci sono 2 commenti

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  1. Antonio

    Direi anche di tirare fuori i nomi di questi presunti tali, di nominarli uno per uno, altrimenti questo articolo vale come tanti altri. Poco più di zero.
    Sempre troppo facile parlare senza riferimenti specifici.
    Attendo nomi e link, magari in un articolo successivo. Se volete una volta per tutte sviscerare questo mondo, fatelo come si deve. È semplice finire un articolo così. Cordialmente


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